Gabriele D’Annunzio, uno dei piú grandi seduttori del novecento

“Salta fuori un dubbio sentimentale. C’è più nobiltà di animo e di arte ad immaginare in una sola unica donna tutto l’Eterno feminino o pure un uomo di spirito sottili ed intensi, deve percorrere tutte le labbra che passano, come le note d’un clavicembalo ideale, finché trovi l’ut gaudioso?”.

E’ quanto si legge nel Breviario mondano (Arnoldo Mondadori), una raccolta di estratti dalle pagine giornalistiche redatte negli anni 1882 – 1893 da Gabriele D’annunzio (1863 – 1938). Il quale scriveva ancora: “Una sola donna? Tutte le donne? O nessuna? Qui sta il gran nodo. Una sola, ed ecco la morte del desiderio; tutte , ed ecco il satirismo; nessuna, ed ecco mali maggiori. Chi vorrebbe in fatti, soffrire la reprobazione del mondo, l’indebolimento del suo corpo, la lenta decadenza del suo ingegno, la rinunzia di ogni bene futuro, i disinganni rapidi e continui, la nausea che fa ottuso tutto l’essere e la gelosia che l’arde e tortura, s’ei potesse liberarsi abbandonando semplicemente l’amore?

E chi vorrebbe star soggetto alla tirannia d’una creatura malvagia, puerile, flebile e variabile, se la tema di un supplizio più grave non turbasse la sua volontà e non gli facesse preferire i mali della passione all’orrore ch’è in un letto gelido e in un’anima sola? Così il sentimento ci fa vili. I più gagliardi si snervano tra le pieghe di una gonna. Tutti i più alti sogni d’uno spirito eletto cadono nei cerchi che segna il respiro della bocca amata. E la volontà, disutile come una spada di falsa tempra, pende vanamente al fianco di un inerte.”

E il Vate? Beh, ne ebbe di storie! Secondo alcuni biografi ben quattromila. Rispetto a lui Mussolini con le sue centosessantanove e Galeazzo Ciano (suo genero, ndr) che, sembra, ne abbia avute ben duecento, furono delle mammole. Eppure scrive Laura Laurenzi nel suo libro Amori e furori (Bur) “per essere un esteta e un cultore della bellezza lascia molto a desiderare. Di statura modesta, un metro e 64, ha un sorriso spento dalla carie; non a caso nei ritratti e nelle fotografie è quasi sempre serissimo. E’ anche calvo, fortemente miope e di corporatura gracile. Non ha certo il fisico del ruolo”, ma è un collezionista di conquiste amorose.

Vediamo chi cade nella sua trappola. Luisa Baccara, la pianista, che segue il poeta a Fiume e poi a Venezia, prima di insediarsi al Vittoriale, dove convive col Vate sino alla morte, sopportandone le tante avventure erotiche. Romaine Goddard Brooks, ricchissima pittrice americana, separata dal marito inglese. Dopo essersi dichiarata lesbica ha una relazione con D’annunzio. Ma mantiene contemporaneamente quelle con Nathalie Clifford Barney e l’attrice Ida Rubistein. La Brooks dipinge tre ritratti del suo amante.

Olga Levi Brunner, cantante e musicista conosciuta nel giugno del 1916 a Venezia. Sposata. Maria Luisa Casati Stampa, una marchesa che collezionava animali esotici e suppellettili bizzarre.

Eleonora Duse, attrice, che ebbe con D’annunzio una relazione tempestosa. Madre di due figli, avuti con Martino Cafiero e da suo marito Tebaldo Checchi, dal quale viene abbandonata, la Divina si fa sfruttare e maltrattare da Gabriele D’Annunzio, che conosce nel 1894 in un viaggio a Venezia. La loro relazione, che inizia a settembre del 1895, dura otto anni.

E’ lei ad avviare il Vate alla drammaturgia e a regalargli fama in Europa e oltre Oceano. Ingrato D’Annunzio racconta la loro relazione, trasfigurandola, nel Fuoco. Questo provoca una rottura tra i due, che sembra insanabile, quando D’annunzio per la rappresentazione della Ville morte preferisce l’attrice Sarah Bernhardt. Il seduttore si fa perdonare scrivendo Sogno di un mattino di primavera, seguito da Sogno di un tramonto d’autunno. Ma i tradimenti non hanno fine.

Si vedono per l’ultima volta nel ’22, due anni prima della morte della Divina.

E ancora. Elvira Natalia Fraternali Leoni, che conobbe il Vate da separata. Natalia de Golubeff, separata dal marito. Il Vate se ne serve durante il suo soggiorno francese, poi l’abbandona. Maria Gravina Cruyllas di Ramacca, che viene condannata per adulterio. Il marito aveva denunciato i due amanti che non scontano la pena grazie ad un’amnistia. Hanno una figlia, Renata.

Maria Harduin di Gallese. Che il Vate sposa e avranno due figli Mario e Gabriellino. Ma Maria tenterà il suicidio, perché D’annunzio la tradisce più volte e l’abbandona al corteggiamento di Vincenzo Morello. Giuseppina Mancini Giorgi, che impazzisce, Amélie Mazoyer, che da governante al Vittoriale, appoggia il poeta nelle sue perversioni come protagonista e come gelosa intermediaria. Olga Ossani, la giornalista. Alessandra Carlotti di Rudinì, che diventa morfinomane e che il Vate sposa nel 1905 e abbandona l’anno successivo.

Giselda Zucconi, docente di lingue straniere, prima grande passione del poeta ai tempi del collegio. dopo gli amoretti precoci per Teodolinda Pomarici, Clemenza Coccolini, Gorella Gori e Sblendore.